LA MEMORIA CIVILE DI LUCARELLI
di Angela Passarello


 
È una Spoon River travolgente, la nuova narrazione di Lucarelli, titolata Sei giorni troppo lunghi (Milieu Edizioni 2024). Sei sono anche i giovani protagonisti, che raccontano la loro traumatica esperienza nelle carceri italiane. Vittime di una vicenda giudiziaria, accaduta negli Anni di Piombo, a Milano. I ragazzi, allora militanti di sinistra, erano stati accusati di omicidio. Naturalmente si trattava di accuse infondate, come accade, purtroppo, ancora oggi per certi processi, dove a farla franca sono sempre i responsabili. Negli anni ’70 essere politicizzati, praticare la militanza in collettivi studenteschi, operai o di quartiere, significava per le autorità giudiziarie essere a priori degli indiziati. I poliziotti, come racconta Umberto, irrompevano nelle case a qualsiasi ora del giorno e della notte per prelevare “l’accusato”, naturalmente scelto, non a caso, tra giovani impegnati nel sociale, nutriti da quell’utopia, che come afferma Elsa Morante è il motore e la sola giustificazione della Storia.L’esperienza del carcere, narrata da ciascuno dei protagonisti del libro, è una denuncia, che mostra gli agghiaccianti e crudeli modi in uso nelle carceri italiane di quel periodo. Troviamo tra le pagine i corpi martoriati, offesi e vilipesi dei giovani arrestati. Il carcere, luogo della Giustizia, della Legge, diventa spazio di tortura, i cui carnefici sono i servitori dello Stato, coloro che hanno il compito di proteggere i cittadini nel rispetto dei diritti sanciti dalla Costituzione. Non dimenticare ingiustizie, abusi, discrediti, subiti  dal potere, è un obbligo verso se stessi, verso la società civile. Lucarelli non dimentica e s’impegna dando con la sua scrittura una importante testimonianza. Del resto anche nelle precedenti pubblicazioni, Lucarelli ha riportato esperienze di episodi cruenti, emblematici di quell’epoca, che hanno segnato la storia politica Milanese e italiana. Le narrazioni lucarelliane, quasi sempre ricostruite, come l’autore stesso dichiara, con il sostegno di coloro che hanno vissuto quel periodo, o, da personali ricordi, da appunti di diario e d’archivio. Nei suoi libri, l’autore, mette in luce la vita e le scelte di personalità speciali come Gian Maria Volonté, Primo Moroni e di tanti altri. Si tratta di figure che hanno lasciato in eredità, per il loro impegno civile, utopico, di fratellanza, una idea politica e pedagogica, nel suo significato più alto. Sono soggetti che hanno pagato in prima persona, lo stare dalla parte della democrazia e della libertà, riuscendo, comunque, a non restare prede del potere, ma a costruire spazi di cultura alternativa, di aggregazione giovanile, di solidarietà umana, alimentandone il sogno creatore

I libri di Lucarelli sono pervasi di esperienza, di patos, di rabbia, di consapevolezza, di ciò che resta della banalità del male. Leggendo le pagine intense e realistiche di quei sei giorni dalla lunga brevità, ci induce a ripensare quegli anni, a vedere e cogliere la strategia della violenza di Stato. Ce lo ricordano le tante vittime innocenti, il cui unico torto era stato quello di lottare per la libertà, la democrazia, per il rispetto della dignità della persona. Il racconto, di Fabio, di Roberto, di Giovanni, di Simone, di Furio, di Umberto, così suddiviso, in sei brevi capitoli, uno per ogni giorno, sembra inciso con il sangue sulla  pelle di ciascuno: mi hanno preso a schiaffi per farmi rinvenire, mi prendevano a sberle per potermi lavorare ancora un po’ è e di nuovo e ancora affinché dicessi i nomi, quelli che erano con me a sparare… (pag. 36), ci hanno legati  con i piedi in alto e la testa in basso… e intanto ti gridano addosso ti ammazzeremo sporco comunista di merda… mentre ero lì mi veniva in mente Giuseppe Pinelli… (pag. 40).
Lucarelli fa della memoria l’obiettivo del suo scrivere e lo fa con una scrittura semplice e coinvolgente, lo fa con la maestria del suo inconfondibile stile, minimalista, accattivante, che con ritmo crescente s’innalza fino a evolversi in canto poetico. In questo momento storico, in cui siamo circondati da guerre vicine e lontane, da climi governativi devastanti, autoritari, che ogni giorno rinnovano il peggio, la scrittura di Lucarelli è azione di consapevole contributo, necessario per ripensare e riscrivere la Storia. Nell’epilogo, “scrivere è la mia cura”, afferma Umberto. In effetti, la sua scrittura, pur essendo autobiografica, non è mai intimista, diventando così genere letterario, e, come ci insegna Maria Zambrano: Si tratta di trovare un punto di contatto tra la vita e la verità.

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Sei giorni troppo lunghi, Milieu edizioni

Pubblicato da umbertolucarelli

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