24 gennaio 2024

“ERSTFELD”. ROMANZO DI UMBERTO LUCARELLI a cura di Vincenzo Capodiferro


ERSTFELD”. ROMANZO DI UMBERTO LUCARELLI

Una lunga e profonda meditazione sulla vita, sulla morte, sul tempo”

L’ultimo romanzo, “Erstfeld”, di Umberto Lucarelli è uscito alle stampe da poco, nell’anno appena passato (23). Marco Passeri, scrittore e prefatore dell’opera, incipit con una citazione di Thich Nhat Hanhche ne illumina il senso: «Nascita e morte sono solo una porta: da lì entriamo e usciamo. Nascita e morte sono solo un gioco a nascondino». In pratica viviamo in un mondo surreale, in una specie di metaverso, che riprende i motivi classici della vita-sogno, da Calderon de la Barca a Cartesio, da Hume a Pirandello. La morte è un varco, un passaggio. Mondo dei vivi e dei morti sono interconnessi. Come non ricordare la “caverna” platonica in cui siamo immersi? O gli “idola specus” di Bacone? Schopenhauer scherzava: «La vita e i sogni son pagine d’un solo e medesimo libro. La lettura condotta con continuità e coerenza si chiama vita reale. Quando però l’ora consueta della lettura, il gioco giunge al termine e viene il tempo del riposo, noi spesso continuiamo a sfogliare il libro e ad aprire, senza ordine e continuità, una pagina ora qui ora là» (“Il Mondo”, I- §5). Umberto riprende questi temi con una lucidità sconvolgente. Passeri commenta:«Erstfeld è un paese svizzero, l’indicazione di una stazione ferroviaria situata lungo il tragitto che il narratore percorre quotidianamente alla mattina, per recarsi a Milano, in cui lavora, e alla sera per tornare a casa, dalla propria moglie e dai propri figli. Erstfeld è però anche un nome, un luogo che nel corso della narrazione diviene via via sempre più metafisico, una meta che sarebbe possibile raggiungere, basterebbe scendere anche solo per caso alla stazione successiva a quella in cui il narratore tutti i giorni approda, ma che non si raggiunge…». Erstfeld in pratica è un non-luogo, ma anche un classico luogo felice, un’”isola che non c’è”, ma che in fondo c’è, come l’Iperuranio, l’immaginario platonico. Qui Umberto si ripresenta da buon “socialista utopista” ed ha ragione! Il socialismo utopistico! Un indegno epiteto coniato da Marx! Non c’è socialismo più utopistico di quello marxista. Tanto è vero che Lyotard, l’inventore del post-moderno lo descrive come “narrazione metafisica”. Lo stesso Marx proferiva: – Je ne suis pas marxiste! E il professor Oldrini ci teneva a raffigurarsi come: – Io sono un marxiano, non un marxista! Un marziano?!

Come al solito ci troviamo dinanzi ad un monologo senza sosta, senza punti, futuristico-passatista, ove la punteggiatura segna quei piccoli riflessi dell’anima umana. Questo è lo stile di Umberto che riprende quello dei rivoluzionari sessantottini, non sessantotteschi, perché egli ci ha creduto e ci crede, non come semplice memoria, per così dire, celebrativa. Il Sessantotto non è un facile idillio che ci presenta una certa tradizione celebrativa, ma dramma di un popolo che cerca la sua strada. Me una shoah, che oggi rischia di diventare puramente teatrale, di fronte ad un’altra shoah che si ripete, in senso inverso però!

La scena comincia con l’anestesia: cosa di meglio ci può far trovare in quel trans estatico con l’altro mondo?« M’infilarono il camice e la cuffia e mi condussero con il letto a rotelle in sala operatoria, l’anestesista parlava a raffica e ridacchiava mentre il chirurgo era scuro, serio, silenzioso e perentorio Ora conti fino a dieci e poi si addormenterà mi disse l’anestesista tra le altre molte parole che diceva al suo assistente e al chirurgo e a me, si mise all’improvviso a parlare delle vacanze estive e dei luoghi che intendeva visitare e i ristoranti in cui sarebbe andato e che cosa avrebbe ordinato e mangiato, chissà per quale motivo un suono di una parola o di un nome ti colpisce, dissi tra me, ricordo, Erstfeld mi aveva incuriosito subito, mi faceva pensare a qualcosa come di definitivo, ricordo, a Erstfeld non ci ero mai andato e non la conoscevo, avevo sì guardato con curiosità qualche immagine sugli schermi del computer, letto…». Umberto si presenta come lo scrittore sciamano, il pontifex trai mondi, uno degli ultimi vati dannunziani. Il vate era colui che dava i vaticini, era la sibilla, l’oracolo, l’ispirato. L’utopismo di Lucarelli è squisitamente nichilista. Egli dedica il suo libro “Al vuoto e al nulla”. È significativo! Egli è il “Siddharta” hessiano, il ricercatore, ma soprattutto è intriso di profonda spiritualità, che guarda al mondo orientale, al buddismo.

«… il tempo unico come un binario che va su e giù che prosegue verso la vita e verso la morte, la morte è Milano poi la morte è verso Erstfeld, poi ancora la vita è verso Erstfeld e poi verso Milano, la vita e la morte e il tempo tutto quanto assieme, pensavo ora all’interno del treno e del tempo di Erstfeld e di Milano senza poter per questo scendere perché dal tempo non si scende mai, Sembra che si scenda quando si è morti, pensavo, Ma la morte è una fermata come un’altra, pensavo, Nascita e morte è una lunga ferrovia che da Milano va verso Erstfeld e da Erstfeld va verso Milano, pensavo, Fai delle fermate, pensavo, Scendi nella morte e risali nella vita, pensavo. Ecco Milano, ecco Erstfeld».

C’è tutta la larghezza, la profondità, che ci fa calare nell’assurdo temporale: ci troviamo di punto catapultati anzi un paradosso eracliteo, o il paradosso della morte della regina Anna di John Ellis McTaggart (l’“irrealtà del tempo”). Eraclito: -L’acqua non è più la stessa… Acqua passata non macina mulino. Noi siamo e non siamo… Mentre siamo già non siamo, mentre crediamo di star fermi, osservando l’acqua che passa, siamo già passati insieme all’acqua. Tutto dipende dall’osservatore O.: la relatività einsteiniana! Erstfeld si ricollega idealmente a “Montecristo. Una catastrofe o una salvezza”. La vita è come un treno, da cui si sale e si scende. Erstfeld è una delle tante fermate. Erstfeld è la nostra fermata. Tutti prima o poi partiremo. Ricordo da fanciullo che, quando morì don Salvatore, se ne uscì con:

  • Fiiiuuu! Mo’ parte il treno!

È come ne’ “Il treno ha fischiato”:

  • Stanotte, signor Cavaliere. Ha fischiato. L’ho sentito fischiare… 
  • Il treno?
  • Sissignore. E se sapesse dove sono arrivato! In Siberia… oppure oppure… nelle foreste del Congo… Si fa in un attimo, signor Cavaliere!

Dove siamo arrivati?

Forse a Erstfeld.

Il testo è corredato da un bellissimo saggio finale di Giovanni Sansone: “Attraversare la soglia. Epifania dell’alterità dei sapori e degli odori”: «Il viaggio letterario e umano dell’autore comincia sempre, in una zona di liminalità. La zona di liminalità è la zona del passaggio, la soglia che sta fra due sistemi culturali definiti. In questa zona, in questo spazio intermedio, situato tra situazioni assegnate e definite dalla legge, dal costume e dalle convenzioni, trovano espressione una ricca varietà di simboli. Questa zona, che non è contrassegnata da alcuna forma determinante di Potere, permette l’espressione delle forze della mutazione e del cambiamento. Lucarelli ci ha sempre condotto – attraverso la sua personale esperienza di Epifania, di transustanziazione e di attraversamento dei confini – in una nuova dimensione dell’esistere e dello stare in Comunità e per la prima volta, il processo si blocca e lo scrittore ci racconta un non luogo, una dimensione del Corpo e della Carne “imprigionate”».

Vincenzo Capodiferro

alle gennaio 24, 2024 Nessun commento:  

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Pubblicato da umbertolucarelli

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