Gianmariavolonté Edizioni Bietti

Umberto Lucarelli    GIAN MARIA VOLONTÉ

di Giuseppe Mosconi

La chitarra e la fisarmonica. Due strumenti che si fondono in una sintonia profonda, densa, serrata, travolgente. Questa la metafora del rapporto tra Oreste Scalzone, voce narrante attraverso il racconto di Umberto Lucarelli, e Gianmaria Volonté. Un’unica sfera di energia, movimento, tensione, desiderio. Musica, dunque, dove l’amicizia profonda nasce da un altrettanto profondo desiderio di riconoscersi in qualcosa che abbia senso e meriti di essere vissuto, in un mondo alieno, sordo, grigio, ingiusto. Dunque poesia, dove questa assume il suono che merita. Ma la strada comune è piena di contrasti, di conflitti e di fratture condivise: rivoluzione e situazione, militanza e recitazione (F. Fogliato, in prefazione), arte e impegno, corsa e sogno, sofferenza e desiderio, provocazione deliberata e imprevisto, libertà e impegno, fermezza e movimento, utopia e paura. Potremmo aggiungere i mantra di questi anni non risolti: Do it, vogliamo tutto, easy rider, fantasia al potere! Tutto e nulla, in una spirale senza fondo di un cielo inarrivabile. È una corsa a perdifiato, senza pause nel flusso continuo di un unico respiro a ritmo sincopato. Lo stile narrativo, la punteggiatura volutamente anarchica, le frequenti ripetizioni (esplicite, perfino quasi fastidiose…) rendono bene questa cifra, con la poesia di un linguaggio deliberato, sintonico alla sostanza che in esso si reifica. È qui che il tempo diviene un flusso unico: un passato non gettato, un eterno presente, un futuro totale, movimento magmatico di esuli in lotta, oltre i sentieri d’oltralpe. La vita globale dei militanti. È in questa dimensione che si rivela, a tutto tondo, tutta l’intensità del profondo che ha portato Volonté a interpretare tanti film, i cui protagonisti sono sempre sulla linea di un conflitto irrisolto verso un cambiamento radicale, tanto auspicato, quanto la critica radicale del presente, delle sue aberrazioni e delle sue ingiustizie, non è sufficiente a dischiudere. Questa la lotta che accomuna i due amici/compagni, non solo per un radicale cambiamento politico, ma per una vita che meriti di essere tale. Allora l’arte diventa vita in quanto tale, lotta in cui la dialettica tra irrazionale e razionale (il dubbio come metodo di Marx) si risolve in quel desiderio radicale di cambiamento, che è l’opposto dell’irrazionalità dell’avversario, estremizzata e incancrenita, al tempo stesso, nella razionalità del  calcolo spietato, del profitto fine a se stesso, ad ogni costo. Si potrà discutere se questo modo di agire il cambiamento politico sia strategicamente adeguato, concretamente incisivo ed efficace, o non si traduca in un puro atto estetico, che determina e concretizza in sé stesso, in quanto tale, la rivoluzione perseguita. Ciò che è certo è che questo testo fa emergere e rivela, attraverso il rapporto sintonico con Oreste Scalzone, un Gianmaria Volonté nell’intensa pienezza della sua profondità, tale da rompere ogni parzialità, o ambiguità, con cui  i codici dello spettacolo mediatico (comunque si tratta di film) potrebbero rischiare di inquinare e avvilire la forza del messaggio.

Pubblicato da umbertolucarelli

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