MONTECRISTO

una catastrofe o una salvezza

di VINCENZO CAPODIFERRO

Insubria Critica

Arte, Letteratura & Cultura: un fiume che scorre

21 agosto 2023

Montecristo di Umberto Lucarelli a cura di Vincenzo Capodiferro


MONTECRISTO

Una moderna “Isola che non c’è” di Umberto Lucarelli

Montecristo ci ricorda un’isola amena, ma soprattutto ci rimanda ad un locus letterario, legato ad Alexandre Dumas. Padre e figlio appartengono al Romanticismo, lo Sturm und drang che non è solo ottocentesco, ma universale: l’eterno Romanticismo che ritroviamo in queste pagine. Il titolo dell’opera di Umberto Lucarelli di Milano, Montecristo, non è casuale. «Le lotte non finiscono mai, è questa la prima riflessione, leggendo il libro di Umberto Lucarelli Montecristo. Le lotte non finiscono per chi è abituato a pensare e agire come un soggetto politico, per chi combatte da sempre per il riconoscimento dei diritti umani… L’uomo stupidamente si è venduto al mercato e al danaro, dimenticando le cose importanti della vita, come guardare un tramonto, stare a contatto con la natura,» scrive Serena Vita nella prefazione. La vita umana è caratterizzata sempre da lotta, questa è una lezione che abbiamo recepito da Malthus a Darwin, da Hegel a Marx. Lotta per la sopravvivenza, lotta di spiriti, lotta di classi. Lotta di razze (Hitler). Lotta di civiltà (Huntington). Il problema è che in questa guerra l’uomo d’oggi non è più protagonista. È servo che vuole il padrone: è il popolo che vuol rimanere schiavo degli egiziani, che non vuole più i Mosè, i rivoluzionari-guide, che non vuole più attraversare deserti, non vuol più la manna e le quaglie. Questa è la presente generazione: una massa di celebrolesi collegati ad un cervello artificiale che pensa per tutti. Il pensiero unico, senza differenza, senza alcuna opposizione. L’uomo contemporaneo non pensa più (Heidegger). L’opera di Umberto, un’opera di avanguardia che si legge in una continua suspence e l’assenza della punteggiatura ti induce a questa lettura post-futuristica, denuncia proprio ciò: ha vinto il super-capitalismo, anzi l’iper-capitalismo internazionalistico anonimo impersonale massonico, l’ultima manifestazione di questa storica malattia. Il capitalismo individualistico degli industriali sette-ottocenteschi ha ceduto il passo a quello delle nazioni novecentesco e poi si è trasformato in un mostro sovranazionale: un Moloch assetato di guerre e di sangue! Superate, ma solo apparentemente le barriere nazionalistiche, il novo ordo mundi appare all’orizzonte. La poesia-prosa, la serie infinita di racconto-pensiero di Umberto ti mette sempre in guardia. E se accadesse una catastrofe? Anche d’umana fattura? Cosa farebbe la massa incollata ai quadratini elettronici telematici? La massa inerte, inerme, fragile, flemmatica, stanchevole? Di popolo non se ne parla neppure, perché la massa è aggregato atomistico senza coscienza collettiva, ciò in cui ancora credevano i redentoristi dell’Ottocento, prima dei totalitaristi del Novecento. Umberto è un visionario, vede ancora le bandiere rosse, i popoli “alla riscossa”: «è come se fosse scoppiata una guerra mondiale in cui tutti combattono contro tutti guidati dai generali della paura e forse l’unico luogo in cui trovare rifugio è un’isola in mezzo al mare quella di Montecristo». Hobbes parlava di bellum omnium contra omnes, di homo homini lupus, riferendosi ad uno stato naturale prepolitico. Rousseau, invece, attribuiva la belluinità non alla natura in sé, ma alla società civile fondata sul possesso, sulla proprietà privata. Chi ha risvegliato questo spirito lupigno umano? Questa aggressività? Questo spirito di Thanatos che sconvolse financo Freud innanzi alla Grande Guerra? Quale diavolo? Chi provoca le guerre e perché? Il popolo vuole le guerre? Non ha visto il resto Freud! Appena ha intravisto i fascismi all’orizzonte. Umberto parla di un «colpo di stato mondiale», «con gli occhi e le orecchie e le unghie conficcati nelle televisioni sdraiati sui divani seduti sulle sedie e in piedi in cucina a preparare il pranzo o la cena ad ascoltare questo e quello e le caterve di bugie e mala informazione che veniva di getto sfornata in continuazione per continuare a stordire e annichilire le menti delle persone». Immagine neorealista del mondo oggi. Un totalitarismo perfetto, sublime, non-violento. «Una multinazionale è più vicina al totalitarismo di qualunque altra istituzione umana» diceva Noam Chomsky. Immaginate con l’attuale multi-nazional-socialismo? Perché comandano loro! Il potere politico è oramai asservito a quello economico. «Io però non ho più voglia di lavorare benché abbia due figli ancora giovincelli da mantenere e non mi sento per questo né un briccone né un debosciato solo non ho più assolutamente il desiderio di inserirmi di nuovo in questo sistema di folli in questo mondo demenziale che porta solo e soltanto all’autodistruzione». Ecco le “confessioni di un italiano” di un intellettuale attuale, insofferente, sensibile ai danni del sistema sociale, un sistema oramai tumefatto, disfatto. D’altronde per prendere il potere bisogna distruggere la morale: Lenin docet. E ci sono riusciti benissimo. Il lavoro è l’alienazione totale marxiana: prima alla Charlie Chaplin alle prese coi bulloni, oggi alle prese coi mega servizi su servizi. Prima c’erano i campi, poi le fabbriche, dopo, il post-post-moderno, post-industriale, post… le nuove fabbriche: i supermercati, le scuole che formano automi e gli ospedali. Prima il primato del primario per saecula saeculorum, fondato sul sistema padroni-servi della gleba, poi quello del secondario, fondato su quello borghesi-proletari, poi del terziario, fondato sul sistema dirigenti-dipendenti. Cosa è cambiato? Un tubo! Un bel tubo! Umberto è un moderno socialista utopista. E se succedesse una catastrofe, chi se ne accorgerebbe? Ci sono catastrofi indotte per rafforzare il supremo superpotere unico che nulla ha da invidiare alle storiche monarchie assolute. Qui c’è una monarchia assoluta mondiale dipendente dal diavolo Mammona, il Danaro deificato. Umberto guarda ad un’isola che non c’è, ad un mondo ‘baumanianamente’ retro-topico, o dis-topico. L’isola di Montecristo è l’unica che resiste ancora alla “società liquida”, anzi liquefatta. Si è arrivati troppo innanzi e si guarda al passato, al primo passato e, «con un po’ di fortuna potrei farla franca e all’isola di Montecristo trovare la ricchezza nascosta dell’abate Faria del libro di Dumas». Un’antica storia racconta di un padre che dice al figlio che nella vigna è nascosto un tesoro. Il figlio scava dappertutto per trovare quel tesoro. Alla fine, non c’era niente. Però aveva zappato la vigna che portò molto frutto. Questo era il tesoro. Scrive Marco Passeri: «”Montecristo” è un libro rabbioso, senza dubbio, un libro che non risparmia nulla al tempo presente, che incalza il lettore con continue e percussive staffilate a tutto ciò che sembra comunemente e passivamente accettato come ineluttabile, ma non è un libro disperato».

V. Capodiferro

alle agosto 21, 2023 Nessun commento:  

Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest

Etichette: Recensioni – Libri – Narrativaumberto lucarelliVincenzo Capodiferro

Pubblicato da umbertolucarelli

http://www.bietti.it/author/umberto-lucarelli/